L’ idea della mostra è nata dalla proposta e dal confronto con Osservatorio Futura: spazio indipendente situato nel quartiere San Donato a Torino. Partendo dal presupposto che lo spazio non ha finalità commerciali è nata l’ idea di proporre un lavoro site-specific, con la possibilità quindi di utilizzare medium e modalità di lavoro che di solito non adotto in pittura. Il lavoro proposto dal nome Ghost dance si compone infatti di otto sculture concepite appositamente per lo spazio espositivo, nate con la finalità di creare un’immagine unica. Rappresenta infatti una danza-orazione di un gruppo di fantasmi intorno a un ragazzo disteso per terra. Il senso dell’immagine non è chiaro, si potrebbe trattare di un gruppo di fantasmi in orazione su un ragazzo morto come di una serie di presenze che disturbano una persona nel sonno, su questo aspetto preferivo lasciare il significato ultimo del lavoro indefinito. Essendo lo spazio espositivo composto da un’unica stanza mi interessava proporre un’immagine dal gusto scenico e avvolgente, ho infatti usato idealmente come referenza alcuni gruppi scultorei Quattrocenteschi di scuola Emiliana, primo fra tutti il “Compianto sul Cristo Morto” di Niccolò dell’Arca nella chiesa di Santa Maria della Vita a Bologna.
Quando creo un’immagine mi interessa sempre ragionare a posteriori sul perché ho scelto un determinato soggetto e sul perché l’ho ritenuto particolarmente suggestivo. Diciamo che il tema della morte mi interessa molto specialmente nel suo rapporto con le arti visive e con l’ immagine in generale. Il tema della morte è di fatto intrinseco al linguaggio fotografico: qualsiasi immagine è presenza di un’assenza, e ciò trova la sua massima espressione nelle immagini di persone defunte, che sono rappresentazioni di figure definitivamente assenti nello spazio e nel tempo in cui vengono realizzate. Già nell’antico Egitto il defunto scambiava idealmente il suo corpo fisico e terreno con quello imperituro del ritratto o della maschera funeraria, processo costantemente perpetuato dal rapporto tra le arti visive e i riti funebri. Così, l’immagine diviene rappresentazione e al contempo fantasma dell’oggetto rappresentato e, in questo senso, la scultura del ragazzo segnala contemporaneamente la sua presenza e assenza accolto con una danza dal mondo dell’Altrove.
Leonardo Devito
Erik Saglia takes on these considerations for his second solo show to propose an installation, made with his renowned technique. As the result, the entire installation is a Cosmogony of signs and intersecting lines, of vectorial axes, of organized schemes of an unorganized reality, where the intersection of the abscissa and the ordinate organizes the vision of both the Artist and the Man. The visitor is compelled to contemplate it exactly as it happens while observing the cosmos through a telescope. Saglia’s Art is a full-size Portable Cosmogony because it can be carried “within us”.