Teatrino è un progetto espositivo dell’artista italiano Leonardo Devito (Firenze, 1997) realizzato per la sua prima mostra personale negli spazi della Galleria Ciaccia Levi di Parigi. Opere pittoriche e bassi rilievi tessono un racconto dedicato all’immaginario dello spettacolo popolato da attori, personaggi reali o immaginari che mettono in scena delle rappresentazioni in bilico tra un senso tragico del vivere, alienazione, e comicità. Alcuni di questi soggetti, come il trapezista e il digiunatore di Kafka, protagonisti degli ultimi racconti dello scrittore che si realizzano l’uno nell’isolamento sul trapezio e l’altro nell’astinenza dal cibo, fanno della propria vita un’opera, per una devozione all’arte che spesso rimane incompresa al pubblico. Altri soggetti sembrano appartenere all’immaginario fiabesco, catapultati in un tempo astorico. Entrando in mostra, un senso di familiarità pervade la nostra visione che ritrova nel fondo della memoria un gesto, uno sguardo, una storia.
In questa narrazione di un mondo perduto incontriamo diversi riferimenti iconografici, soprattutto nelle opere pittoriche, riconducibili all'immaginario personale dell'artista e a un repertorio di immagini che costituisce un “museo ideale” personale ma al tempo stesso familiare al pubblico, in quanto legato alla storia dell’arte, alla letteratura e ai graffiti. Nelle opere di Devito è evidente un forte legame con la ricerca di alcuni artisti del Novecento, come Mario Sironi e Felice Casorati, o a correnti artistiche come la Metafisica, tuttavia la realtà altra cui l’insieme di elementi insoliti rimanda è identificabile, contemporanea, seppure ambigua, estraniante e alogica. Nelle opere dell’artista, l’inserimento di un dato personale o di un elemento naif, l’utilizzo dell’ironia o di una proporzione sbagliata alleggeriscono la severità della composizione e innescano ripetuti slittamenti linguistici e temporali. I colori accesi dei capelli, le pose rilassate dei soggetti giovani e il loro abbigliamento trasmettono una sensazione di vicinanza al nostro tempo e contrastano con i panneggi e le pieghe di tessuti, le mani e i corpi monumentali spesso non armonici, le scriminature definite, i lineamenti chiaramente riferibili alla fisionomica della scultura, i colori cupi e materici.
Il richiamo più o meno esplicito ad altre produzioni artistiche o l’omaggio verso un altro artista sono pratiche che hanno interessato molte ricerche nel corso dei secoli, comprese quelle delle avanguardie storiche del Novecento. In maniera differente, gli artisti hanno ri-presentato e rappresentato l’antico. Devito, ancora l’antico al presente con un linguaggio ricco di riferimenti e grazie a una struttura plastica che sembra arrestare il tempo dell’azione, colta nella sua immanenza e circoscritta in un spazio visivo e mentale dove l’esterno non rimanda ad altro anche quando da una finestra dechirichiana si vede una porzione di mare (Arrivo dei cagnoloni spazzacamino).
La nostra visione non va oltre ma intercetta quegli elementi estranei all’ordine formale e narrativo che si presentano in maniera quasi epifanica tra le pieghe di un tessuto o su un pavimento, come gli acrobati sui cavalli (Equilibrista) o le orecchie elfiche del Burattinaio. Questi elementi instaurano una relazione inafferrabile con il contesto ma non rimandano a un’altra realtà, ci fanno inabissare nello spazio dell’immaginazione dove il pensiero non si è ancora trasformato in parola, dove i riferimenti si slegano e le forme si liberano, consentendoci di ricominciare il gioco delle associazioni e dei riconoscimenti. Allestiti in continuità con i dipinti, i bassi rilievi sono veri e propri teatrini in miniatura, istantanee tridimensionali che grazie alla loro stessa struttura semichiusa presuppongono un osservatore esterno, oltre al pubblico, spesso presente anche nei dipinti, rendendo più articolato e complesso il rapporto tra vedere e immaginare che proprio il teatro, e il cinema in seguito, hanno portato alla sua massima tensione ed espressione. In questi lavori l’azione è ridotta a un gesto, a un sussurro o a uno sguardo, a un momento di riposo. Le dimensioni minute conferiscono intimità ma non sottraggono forza al trionfo dei due guerrieri-amici che si tengono saldi e fieri su un veliero in mare (Amici all’Avventura) o alla fanciulla che abbraccia la sua paura (Scheletro con Fidanzata). I soggetti dei bassi rilievi somigliano a protagonisti di mitologie epiche ma non sono eroi, sono giovani sognanti in ambientazioni fiabesche che sembrano essersi travestiti per inscenare un nuovo gioco. È il gioco dell’immaginazione in questa pièce, Teatrino, dove il grande burattinaio è l’artista stesso.
Elena Lydia Scipioni
Erik Saglia takes on these considerations for his second solo show to propose an installation, made with his renowned technique. As the result, the entire installation is a Cosmogony of signs and intersecting lines, of vectorial axes, of organized schemes of an unorganized reality, where the intersection of the abscissa and the ordinate organizes the vision of both the Artist and the Man. The visitor is compelled to contemplate it exactly as it happens while observing the cosmos through a telescope. Saglia’s Art is a full-size Portable Cosmogony because it can be carried “within us”.